Di Titti Duimio
E là nel mezzo, tra giusto e sbagliato, tra bene e male dove il reale è la più irreale delle realtà sta il racconto di (un) Michele nel film di Filippo (Feel) Cavalca ‘Michele- Hollywood è un’altra cosa’ in uscita prevista nelle sale per la tarda primavera e presentato con un trailer il 2 febbraio sul sito della casa di produzione Feel For Films e sul canale YouTube.
Michele, ovvero una storia straordinariamente ordinaria, forse la storia di molti o anche di tutti, ma che il cinema ha la capacità, con la forza visionaria dell’arte, di cristallizzare in un frammento epico oltre ogni possibile sforzo di immaginazione. Niente è quello che sembra nel film di Cavalca, come niente di ciò che sembra semplice in realtà lo è.
“Il viaggio nella vita di Michele è iniziato come un documentario d’osservazione – ci dice il giovane ma già affermato regista parmigiano- ma la sua forza espressiva degna del miglior attore hollywoodiano ci ha convinti a farlo diventare un film in cui Michele fosse solo se stesso e non un attore che recita un Michele, la sua vita fuori dal sistema considerato ‘vincente’ in realtà è una vita straordinaria”
Tutto accade a Parma, in una città che è pretesto e strumento funzionale al racconto, in una Parma che appartiene a Michele e per questo mai descritta ma solo citata, vista come un luogo sfumato che fa da contorno al personaggio principale che la vive e la conosce come un gesto quotidiano.
Un uomo stra-vagante, disoccupato (o forse troppo occupato in altro), che gira per i bar di periferia indossando una maglietta del Torino (che nei suoi incubi diventa quella della Juve) in realtà è un laureato in Economia con il massimo dei voti (forse conosce fin troppo bene le regole che schiva) che racconta episodi della sua s-regolata vita incredibile ai passanti senza la minima percezione del sottile confine tra bene e male, tra giusto e sbagliato, categorie che appartengono al giudizio morale, o sociale che sia, per cui Michele non ha nessun tipo di interesse.
E nella sistematica ricerca di dialogo di Michele due donne entrano in sintonia con lui, lo ascoltano e lo accolgono senza giudizio, con la bellezza e la curiosa intelligenza di chi ascolta le differenze e diventano così, a buon diritto, personaggi indispensabili al racconto, come un’unica coscienza parlante, dispensando consigli una positivi l’altra negativi con accudimento quasi materno che suggerisce il necessario completamento dell’altra metà del cielo un po’ madre e un po’ complice nella complessa e stramba personalità di Michele, ma forse anche in quella di tutti.
Solo le persone veramente speciali non nascondono la propria follia ma la abitano come un modo di essere, inevitabile e ingiudicabile come un fatto compiuto, come un gesto spontaneo che afferma e conferma il semplice e consapevole coraggio dell’unicità.
Ma quella di Michele è anche la storia di un’illusione, quella di una generazione che negli anni ‘90 ha creduto che il mondo patinato vissuto o ben raccontato non sarebbe mai cambiato e si ritrova oggi senza punti di riferimento a cui appoggiarsi, con pochi valori sgualciti di nostalgia da portarsi in tasca per assomigliare ancora all’idea che avevano di loro stessi.
E lo sguardo di Filippo Cavalca, anno ‘83 è quello di chi oscilla tra l’accogliente ma chirurgica benevolenza di un fallimento già avvenuto, e l’incredula distanza di chi ne riconosce il sapore senza esserne consapevole né colpevole. Uno sguardo attento ai dettagli, affascinato dalle molteplici sfumature di una certezza traballante, altro e oltre la banalità, ma mai giudicante.
Ma c’è tanto altro nel film di Cavalca: c’è una ricerca continua di innovazione del linguaggio cinematografico che possa contenere la follia della storia sia nella tecnica, che affianca citazioni di un maestro indiscusso come Kubrick alla commedia sexy italiana anni ‘70 quasi a completare il clima surreale del film affiancando, così, estremi che si fondono nell’assurda possibilità di una verità mai lineare, sia nelle continue citazioni tratte dalla storia dell’arte come l’esplicita ripresa della mano di Marat nel quadro di Jacques-Louis David, o ancora la drammaticità di Caravaggio che attraverso la luce rende epico ogni sguardo sottratto alla presunta normalità e, ancora, i colori neoclassici che completano il percorso anticonvenzionale e visionario del film.
E infine la musica che accompagna l’opera con pezzi ad hoc di artisti indipendenti, la colonna sonora firmata dall’organista parmigiano Pietro Vescovi, che chiude il film con un’inedita tarantella per oboe omaggio al Pinocchio di Comencini.
Uno spaccato di frammenti di vita, compatti e solidi come un sfida continua e poetico come solo la terra di mezzo, in bilico tra ironia e intelligenza emotiva, sa essere, il film di Filippo Feel Cavalca ci porta fuori dal melmoso senso di mediocrità che zittisce e assopisce, fuori dal rassicurante bisogno di normalità che tenta di scolpire il flebile confine tra giusto e sbagliato, tra bene e male.
E tra bene e male sarà anche la prossima produzione del regista parmigiano con il film ‘Pandas- Il viaggio è partito’ questa volta impegnato socialmente nella lotta contro una malattia infantile da poco conosciuta.
Il Comitato italiano genitori Pans/Pandas Bge e il regista italiano Filippo Feel Cavalca stanno, infatti,
collaborando alla realizzazione di un film di finzione che ha come obiettivo raccontare la Pans/ Pandas, malattia autoimmune pediatrica a insorgenza improvvisa, attraverso una lente inedita.
“Sensibilizzare e far discutere, queste le parole chiave del progetto, nella certezza che il tema sia ormai improcrastinabile- si legge nella presentazione del film-In questa direzione, far conoscere la malattia, il dolore vissuto dai bambini e dalle Ioro famiglie, così come l’odissea nella ricerca di risposte e cure è il primo e fondamentale impegno da promuovere”.
La pellicola sarà realizzata in co-produzione tra Italia e Stati Uniti. Le riprese sono previste per l’ottobre del 2022.
PANDAS è l’acronimo di “Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorder associated with A Streptococci”, patologia autoimmune pediatrica caratterizzata da insorgenza improvvisa a seguito di un’infezione recidiva da streptococco che causa nei bambini disturbi di carattere neuropsichiatrico, scoperta nel 1998.